Martedì 13 febbraio 2024, ultimo giorno di carnevale, all’Istituto “Blaise Pascal” è stato commemorato il prof Cesare Grazioli e gli è stata dedicata la sala insegnanti
13 Febbraio 2024, intervento di Orfeo Bossini
In memoria di Cesare Grazioli
Oggi ci ritroviamo in un giorno di festa per commemorare la figura di Cesare Grazioli e per dedicargli la nostra sala insegnanti. Non potrebbe esserci momento migliore per farlo: conoscevamo bene la passione che lui nutriva per queste giornate di socialità e che diventavano occasioni essenziali per dare calore (e molto colore!) all’educazione degli studenti e alla relazione professionale con i colleghi.
Il BUS era la sua casa. Cesare era una delle anime di questa scuola e la sua morte, che ha portato con sé certamente un vuoto affettivo difficile da colmare, può e deve diventare l’inizio di una meditazione sulla sua eredità culturale e professionale, che è nostra responsabilità accogliere e mettere a valore.
Scrive Massimo Recalcati: “l’eredità che più conta non è fatta tanto di beni, di geni, di rendite o di patrimoni. Essa concerne le parole, i gesti, gli atti e la memoria di chi ci ha preceduti. Riguarda il modo in cui quello che abbiamo ricevuto viene interiorizzato e trasformato dal soggetto.” È necessario quindi riacquistare ciò che si è ereditato per possederlo davvero. Si trasmette e si eredita, al di là delle intenzioni di chi dona, soprattutto la forma, che ha un valore sostanziale che supera quello dei contenuti. La forma è il desiderio, la passione con cui un individuo ha perseguito i propri obiettivi. E in questo esprimere forza, motivazione, tensione progettuale, credo che Cesare abbia avuto pochi eguali.
Per quanto mi riguarda, ho fatto tesoro di almeno tre esempi di condotta, di qualità morali, che vorrei con voi condividere. Qualcuno lo avrebbe potuto definire una persona non facile. La verità è che Cesare aveva una sensibilità delicata ed era alla continua ricerca della stima e dell’affetto delle persone che lo circondavano. Questo bisogno legittimo, di essere riconosciuto nel proprio lavoro e nei rapporti umani, non gli impediva però al momento opportuno di far valere le sue opinioni (cioè sempre e con irruente spirito dialettico!). Era franco, forse a volte eccedeva trasportato dallo slancio, ma di certo era immune da qualsiasi forma di ipocrisia. Non amava il cosiddetto politically correct, o il quieto vivere, e di questo gliene voglio dare merito.
Riprendendo le parole che il nostro provveditore Paolo Bernardi ha pronunciato durante l’elogio funebre, vorrei dire che Cesare, animato dal sacro furore che tutti gli riconoscevamo, era un maestro nella critica al potere costituito. Proverbiali erano i suoi J’accuse, le sue intemerate durante i collegi, o le invettive sotto forma di lettera pubblica, che non risparmiavano nessuno. Possedeva la vis polemica di un giacobino, ma mai ha manifestato qualche forma di disfattismo. Perché il suo orizzonte era la polis, nel senso più ampio del termine, di cui si sentiva un membro attivo e per il cui bene si prodigava in ogni sforzo.
Infine, vorrei dire che Cesare era una persona intensa, in tutto quello che faceva e soprattutto nel suo mestiere, che interpretava con una dedizione rara. Lavorare insieme a lui era impegnativo, perché richiedeva una costante applicazione e una sollecitazione di ogni risorsa possibile, senza lasciare nulla al caso. Ma era un allenamento che faceva crescere e permetteva di pensare all’insegnamento non come pura trasmissione di contenuti, troppo spesso velleitaria e narcisistica, bensì come impegno sempre rivolto al miglioramento dello studente, nell’ottica di uno sviluppo di quelle competenze disciplinari e di vita che sono il vero scopo della nostra azione.
Chiudo brevemente con una riflessione e un auspicio che ci proiettano nel futuro. Come scuola dobbiamo a Cesare moltissimo. Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario di fondazione del BUS. Ci saranno i festeggiamenti e le celebrazioni, come si conviene a un compleanno cosi rotondo. Si spera che l’occasione sia utile anche per riflettere sulla nostra identità, a partire dal solco tracciato da coloro che ci hanno preceduto. Il BUS ha una personalità inconfondibile, che da sempre è caratterizzata dalla centralità della condivisione, dal lavoro di gruppo, e da una marcata tendenza alla sperimentazione. Per pensare ai prossimi cinquant’anni, con rinnovato entusiasmo e vigore, per non perdere la bussola, in questi tempi turbolenti e di grande cambiamento, non possiamo non attingere alla nostra eredità più autentica. Non lo dimentichiamo.